venerdì 16 ottobre 2015

Scrucchiata: La Perla Nera D'Abruzzo



Scrucchiata: Non credo esista un solo abruzzese che non l'abbia assaggiata almeno una volta nella vita. Sto parlando della Marmellata di uva Montepulciano, prodotta esclusivamente con uve autoctone di questa splendida regione (un pò di campanilismo ogni tanto ci vuole). L'etimo non è certo: sembra derivi dall'azione di spremitura del chicco, ma mia nonna sosteneva che derivasse dal verbo scricchiolare, a sua volta riferito al fatto che all'interno della marmellata, soprattutto se fatta in casa, potevano essere presenti dei piccoli semi scampati al setaccio, poi cotti insieme alla marmellata e scricchiolanti sotto i denti una volta in bocca.

Come si faccia questa tipica marmellata, è presto detto: si prende una bella cassetta d'uva nera Montepulciano (almeno 13 Kg, mica pettiniamo le bambole) scegliendo i grappoli più aperti (quelli con i chicchi serrati solitamente nascondono tanta muffa all'interno) si lavano suddetti grappoli sotto acqua corrente, si deraspano, si selezionano i chicchi eliminando i più piccoli e quelli molli/secchi/con muffa, si schiacciano quelli perfetti, uno per uno, tra pollice ed indice per separare la buccia polposa dai semi, si passano i semi al setaccio per raccogliere il succo che va unito agli acini in un bel pentolone, e poi si fa cuocere tutto per diverse ore girando spessissimo, finché la marmellata non si sarà addensata, stando attenti a non far bruciare il composto sul fondo, che immancabilmente tenderà ad attaccarsi dando alla marmellata un inconfondibile retrogusto di caramello.

E' una  marmellata che richiede molto tempo, pazienza e  a mio avviso, molto amore.


Io le sono particolarmente legata, poiché mio padre ed i miei zii avevano una Fabbrica di Marmellate molto conosciuta in Abruzzo. Non produceva solo marmellata d'uva, ma anche altre come quella d'arancia, di mela cotogna, di visciola, di castagna, nonchè vari liquori tra cui la Cerasella, L'Orange ed un liquore alla Menta che posto in congelatore, sorseggiavo in microscopiche quantità all'insaputa dei miei genitori nelle calde giornate estive, stando attenta che il livello di liquido all'interno della bottiglia non diminuisse tanto da  insospettirli portandoli ad indagare  sullo strano fenomeno!

La fabbrica navigava in pessime acque quando nel 1980 mio padre entrò in Società e ne divenne Amministratore Delegato, tirandola fuori da un fossato piuttosto profondo e nel contempo tirandoci dentro quest'avventura. Fu un periodo molto bello.
Se dovessi scegliere un ricordo di quegli anni, forse racconterei di una Domenica di Ottobre, con la fabbrica deserta, mio padre in ufficio e mio fratello ed io impegnati a sfidarci in una gara di velocità, i transpallet come monopattini,  scivolando sui lisci pavimenti industriali, le narici piene dell'odore aspro e dolce dell'uva che persisteva nonostante il giorno festivo e la produzione ferma.



E poi la vendemmia. Provavo un sottile piacere nel lasciare che il succo dolce di questo frutto dalle mille proprietà scivolasse tra le pieghe delle braccia, incollando con il suo zucchero  capelli e vestiti, mentre le mie mani strappavano alla Natura i suoi grappoli più maturi. Non so, trovo un nonsocché di romantico, ancestrale nella raccolta dell'uva.
Mio malgrado riaffiora un altro  ricordo. Un giorno di vendemmia: il sole basso che attraversa i tralci di vite penetrando tra i filari fitti di foglie gialle e verdi ed illumina alle spalle alcuni chicchi d'uva blu/violacea che per effetto della propagazione della luce appaiono quasi trasparenti, proprio come pietre preziose. Le Perle d'Abruzzo, ho ribattezzato i chicchi perfettamente tondi di questo frutto, che avrei volentieri  indossato, come si indossa una collana preziosa.

Ma torniamo alla marmellata.....
Quest'anno, forse perché un pò nostalgica, nel fare la scrucchiata ho ripensato al passato e all'amore che mio padre aveva ed ha tuttora per questo prodotto tipico, ed ho scoperto che l'amo anch'io come e più di prima. Il rito si ripete, evviva!